Bianchi: mettermi contro “il potente” Gilardino mi avrebbe creato problemi professionali
Bianchi ha dichiarato di non avere ricevuto minacce, ricatti o richieste di denaro, o comunque di non aver ravvisato un comportamento esplicitamente criminoso di Gilardino. La sua era piuttosto una posizione di soggezione nei confronti dell’ex sindaco.
‘Non ho ricevuto minacce, ricatti o richieste di denaro e comunque non ho mai ravvisato un comportamento esplicitamente criminoso di Gilardino. La mia era piuttosto una posizione di soggezione nei confronti dell’amministratore’. A parlare, sotto esame del pubblico ministero, e’ l’imprenditore ed ex presidente della Camera di commercio di Imperia, Giuseppe Bianchi, che nelle vesti di concusso (quindi, come teste), e non piu’ di corrotto, oggi ha deposto davanti al Collegio del tribunale di Sanremo, nell’ambito del maxi processo che mira a far luce su un presunto giro di tangenti legato all’edilizia privata nel Comune di Taggia.
Secondo il nuovo scenario giudiziario, prospettatosi durante la scorsa udienza, infatti, Bianchi sarebbe in questo caso vittima di concussione da parte dell’ex sindaco ed ex assessore regionale alle Politiche Agricole del Comune di Taggia, Piero Gilardino. La vicenda riguarda la vendita di un appartamento presso le Torri di Colombo ad Arma, che Gilardino avrebbe ottenuto da Bianchi ad un prezzo notevolmente più basso di quello di mercato, approfittando della sua posizione politica.
L’esame è stato richiesto dalla difesa di Gilardino curata dall’avvocato Bruno Di Giovanni, che ha interrogato l’imprenditore. Bianchi, in pratica, consapevole dell’importante ruolo dell’ex sindaco di Taggia e della sua posizione di potere temeva che uno scontro diretto con Gilardino lo avrebbe messo in una situazione di difficoltà, con possibili ripercussioni negative sulle sua attività imprenditoriale.
Sulla questione della vendita dell’appartamento presso le Torri di Colombo (scontato di 135 milioni di vecchie lire), Bianchi ha dichiarato che il suo braccio destro Gavinelli era stato forzato da Gilardino a chiudere la trattativa ad un prezzo così basso e che lui ne era stato informato solo dopo, quando ormai era difficile o impossibile ottenere il pagamento secondo il prezzo più equo precedentemente concordato. "Non ho mai neppure tentato di farmi pagare l’intero – ha sottolineato Bianchi – anche per non logorare ulteriormente i rapporti con Gilardino".
Bianchi è passato quindi al contro-esame del suo difensore, l’avvocato Pisapia: "Avevo paura a non assecondare Gilardino – ha ribadito – perché avrebbe potuto crearmi problemi in virtù della sua posizione". La difesa di Gilardino ha convocato altri due due testimoni: Roberto Berio e Sandro Gasparetto. Il primo ha confermato l’amicizia che lo legava sia a Bianchi che a Gilardino, dichiarando di non avere mai avvertito che tra i due ci fossero problemi o frizioni. Gasparetto, dopo un primo tentennamento, ha confermato ai pm che Gilardino era sul libro paga di Bianchi e di averlo visto una volta negli uffici della Bianchi Costruzioni.