Contro la Corte Costituzionale 7 Comuni minacciano di uscire fuori dal Parco delle Alpi Marittime

9 novembre 2009 | 14:10
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Contro la Corte Costituzionale 7 Comuni minacciano di uscire fuori dal Parco delle Alpi Marittime
Contro la Corte Costituzionale 7 Comuni minacciano di uscire fuori dal Parco delle Alpi Marittime
Contro la Corte Costituzionale 7 Comuni minacciano di uscire fuori dal Parco delle Alpi Marittime
Contro la Corte Costituzionale 7 Comuni minacciano di uscire fuori dal Parco delle Alpi Marittime
Contro la Corte Costituzionale 7 Comuni minacciano di uscire fuori dal Parco delle Alpi Marittime
Contro la Corte Costituzionale 7 Comuni minacciano di uscire fuori dal Parco delle Alpi Marittime

Dopo la sentenza della corte Costituzionale che vieta la caccia nelle aree protette, i sette Comuni della provincia di Imperia potrebbero deliberare l’uscita dal progetto.

I sette comuni della Provincia di Imperia (Pigna, Rocchetta Nervina, Triora, Montegrosso Pian Latte, Mendatica, Rezzo e Cosio d’Arroscia) che hanno aderito al Parco naturale delle Alpi Marittime potrebbero deliberare entro 10 giorni l’uscita dal progetto.  Naufraga quindi un’iniziativa lungamente dibattuta e controversa, che aveva portato dopo infinite trattative ad un equilibrio più o meno condiviso da tutti. A mandare all’aria i piani è stata la recente sentenza della Corte costituzionale che dichiara illegittima in alcune parti la normativa regionale costitutiva del Parco e in particolare dichiara incostituzionale la disapplicazione del divieto di caccia nella zona classificata “paesaggio protetto”.

Questa mattina si è svolta una riunione nella sede provinciale di villa Nobel a Sanremo, per discutere della sentenza e di quali contromisure adottare. Sono intervenuti il presidente della Provincia Gianni Giuliano, l’assessore provinciale alla Caccia Giovanni Ballestra, l’assessore all’Ambiente Mariano Porro, il presidente del Parco Lorenzo Lanteri, i sindaci dei Comuni interessati, i presidenti delle Comunità montane della provincia, Alessandro Alesandri presidente del comprensorio alpino di Caccia e i rappresentanti delle associazioni venatorie.

“I cacciatori sono subito saliti sulle barricate, ma il problema è di ordine più grande – hanno osservato compatti i sindaci intervenuti – l’area protetta impone anche evidenti limitazioni ai Puc dei vari Comuni che hanno aderito, limitando anche i diritti dei privati. Il Parco infatti non comprende solamente terreni pubblici, ma anche terreni privati”.

La Provincia ed i Comuni intendono fare pressione in Regione, che già domani discuterà della questione.

“Anche in caso di modifiche della legge costitutiva del Parco – ha commentato il presidente Giuliano – per almeno 2 mesi, secondo quelli che potrebbero essere i tempi tecnici per la modifica, i cacciatori non potranno svolgere la loro attività nelle aree protette, senza incorrere in una denuncia penale. Senza dimenticare che restano aperti tutti gli altri problemi relativi alle limitazioni sulla edificabilità di quelle aree”.

“L’assenso a classificare le aree individuate come “paesaggio protetto” – hanno osservato Ballestra, Porro e Lanteri – era stato dato proprio dai Comuni, attirati dai finanziamenti che ne sarebbero derivati. Il rovescio della medaglia si è rivelato inaspettatamente oscuro. I patti erano chiari, almeno nell’idea generale degli amministratori imperiesi: la limitazione alla caccia non era certo messa in conto, così come si voleva garantire ai Comuni la possibilità di decidere autonomamente per lo sfruttamento proprio territorio (diritto ad edificare compreso). Ora i patti sono stati rotti e quindi anche i Comuni non sono tenuti a rispettarli”

Tutti si sono detti d’accordo nel fare pressione sulla Regione. In ogni caso entro dieci giorni arriveranno le delibere comunali. Troppo gravi le limitazioni imposte. I sindaci si sentono traditi. A Cosio d’Arroscia una giunta è anche caduta, con arrivo del commissario, proprio sulla questione Parco. L’equilibrio difficoltosamente raggiunto è stato spezzato, dai cacciatori agli amministratori, sembra che non ci sia più spazio per le trattative. Due mesi senza caccia sarebbero un disastro – è stato detto – con 13 squadre di cacciatori di cinghiali che non saprebbero dove andare e dovrebbero litigarsi i posti residui. E gli animali crescerebbero a dismisura con gravi danni ai terreni.

“Due le strade da seguire – hanno ribadito Alesandro Alessandri e il consigliere comunale sanremese Giuseppe Leuzzi (intervenuto in veste di cacciatore) – o chiedere l’abrogazione della legge 34 costitutiva del Parco, quindi uscire dal progetto, oppure chiedere la modifica della classificazione delle aree come “paesaggio protetto”. Questa seconda opzione, più morbida, potrebbe però essere insufficiente poiché il Parco è nato proprio per essere un’area con paesaggio protetto, quindi verrebbero meno i suoi presupposti di base. Sembra indispensabile uscire dal Parco, per poi riprogettare tutto, tenendo conto degli interessi dei Comuni, dei privati e delle varie categorie, tra cui i cacciatori”.

Il progetto del Parco di certo non vuole essere accantonato. Tutti lo vorrebbero. Ma a certe condizioni.