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10 anni di ROCK IN THE CASBAH: Valerio Venturi

28 luglio 2009 | 20:29
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10 anni di ROCK IN THE CASBAH: Valerio Venturi

“Rock in the Casbah”? La manifestazione – ormai matura sebbene il suo sfrontato giovanilismo – regge ai cambi di poltrone, alle cover-band, ai “se” e ai “ma”, e propone senza ritegno suoni fracassoni italiani e ‘dop’ del posto.

La Liguria è la Regione dove ci sono più ultrasessantacinquenni. Pasolini diceva che “più si invecchia e più si diventa allegri perchè si ha meno futuro e dunque meno speranza”. Il No Future dei Sex Pistols in chiave geriatrica può quindi spiegare il successo di “Rock in the Casbah”? La manifestazione – ormai matura sebbene il suo sfrontato giovanilismo – regge ai cambi di poltrone, alle cover-band, ai “se” e ai “ma”, e propone senza ritegno suoni fracassoni italiani e ‘dop’ del posto. Regge alle anomalie di una Provincia di un Paese provinciale, pieno d’eccellenza eppure sgarruppato. Regge alle critiche e al cut & (not) paste di chi vorrebbe non si facesse rumore e che non si portassero i turisti nella Pigna, città vecchia, cuore multietnico, rock, zozzo di Sanremo; luogo che Italo Calvino, nume tutelare, bazzicò e benedisse.

“Allo sceriffo non piace che si suoni il rock nella Casbah (…) Ora, sopra quel tempio hanno proprio fatto il pienone. La folla ha detto che è figo apprezzare la musica”, canta Joe Strummer. Sembra che parli del giochino rockenrolla di Sanremo. Tra i carrugi della città vecchia c’è puzza di spirito adolescenziale, e grazie a Dio. L’adolescenza è un’età dello spirito, e le stelle per qualche sera sono tutte qua, che abbiano visibilità mediatica oppure no. Dio salvi la Regina, e già che c’è anche questa bella kermesse.

Valerio Venturi