Con il Coach per ballare il rock

5 febbraio 2009 | 02:02
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Con il Coach per ballare il rock

Al Tatanka di Arma, tutti i giovedì sera, a partire dalle ore 21.30, è in previsione un concerto live seguito da una festa.

Una serata in discoteca all’insegna del rock. Simone Tulipanti, meglio conosciuto come il Coach, da alcune settimane sta animando un progetto interessantissimo: riportare le chitarre elettriche al centro delle piste da ballo. Il locale prescelto è il Tatanka di Arma di Taggia. Tutti i giovedì sera, a partire dalle ore 21.30, è in previsione un concerto live seguito da una festa per una volta dedicata alle chitarre elettriche.

Simone, spiegaci le linee essenziali di questo tuo nuovo progetto

La volontà è quella di recuperare lo spirito degli anni Ottanta. Gli ultra-trentenni ricorderanno quando nelle discoteche di tutta la provincia, dall’Odeon di Sanremo al Discovery di Ventimiglia, si ballava il rock o comunque non solo canzoni pensate appositamente per la pista. Un bel ritmo danzereccio può caratterizzare qualunque genere. Noi ci rivolgiamo a chi non ha paura delle chitarre elettriche. Vent’anni fa erano le band di musicisti a “suonare”, non i dee-jay, come si usa dire oggi; in quegli anni semplicemente si “mettevano i dischi”, il compito era solo quello di selezionare musica che potesse essere apprezzata dalla pista: è quello che cerchiamo di fare al Tatanka. La serata viene sempre aperta da un’esibizone live, poi scattano le danze.

Che selezione musicale proponi ?

Rock in senso lato, senza badare al genere, con un occhio particolare alle chicche del passato, ma senza nessuna volonta revivalista. Ripeto: l’idea non è quella di ricuperare suoni del passato ma di ritrovarne lo spirito, quello di un ventennio fa, quando i ragazzi ballavano non solo sulle note del synth pop di Depeche Mode, Bronski Beat, New Order e compagnia, ma anche su sonorità assai meno votate alla danza. Ci si scatenava tanto su Vasco Rossi quanto sulle decadenze new-wave dei Cure e dei Simple Minds, sugli appelli pacifisti degli U2 e sui ritmi accesi del punk terzomondista dei Clash, perfino sull’hard-rock/metal edulcorato di Bon Jovi e Europe.

Cosa è cambiato?

Nel 1987 i Marrs hanno dato alle stampe “Pump Up The Volume” e più niente è stato lo stesso. Da lì a poco il sotterraneo movimento house è venuto a galla, battezzato a fuoco da quella che i critici musicali ricordano come la grande “estate acida” del 1989. La cultura dei rave ha preso piede e dai dance-floor è sparito il rock.

Non credi che sia cambiata sopratutto la mentalità?

Forse un tempo gli ascoltatori erano più radicali, non si concepiva il crossover tra i generi, chi ascoltava il rock ballava anche il rock, chi amava andare a ballare la disco poi l’ascoltava anche a casa… oggi si è più aperti ad ascolti differenziati, ma c’è anche tanta leggerezza, i più giovani si accontentano di soluzioni sonore estremamente facili.

Negli anni Novanta c’era il Pop 2000 di Diano San Pietro…

Ecco il Pop è esattamente il modello di discoteca rock che ho in mente, Per molto tempo è stato un l’unico baluardo ostinatamente affezionato alle chitarre elettriche.  Oggi per molti ragazzi è quasi impossibile concepire una discoteca senza i ritmi di dance, house, techno, electro, minimal o della nuova elettronica emersa nel corso dello scorso decennio, jungle/drum and bass e big beat, tutta quella musica, insomma, prodotta da dee-jay e non da musicisti. La maggioranza del popolo che frequenta la discoteca, al massimo, arriva ad accettare le ritmiche dell’hip-hop. Ma gli appassionati di rock non mancano e so che apprezzano questo mio tipo di proposta.