Venerdì 30 al Teatro Palazzo del Parco Tullio Solenghi in “L’ultima radio”

27 gennaio 2009 | 11:34
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Venerdì 30  al Teatro Palazzo del Parco Tullio Solenghi in “L’ultima radio”

Edwin Howard Armstrong l’inventore dell’FM (la modulazione di frequenza in contrapposizione alla modulazione d’ampiezza AM), la radio che tutti oggi ascoltiamo, morì suicida nel 1954 schiacciato dalle guerre legali col colosso RCA

VenerdÏ 30 gennaio 2009 al Teatro Palazzo del Parco alle ore 21 appuntamento con Tullio Solenghi in "L’ultima radio" di Sabina Negri, regia, Marcello Cotugno

La parola radio per quelli della mia generazione ha un potere evocativo particolare, in quei lontani anni ‘50 infatti il totem attorno al quale la sera si riunivano le famiglie era costituito da quello strano aggeggio, l’imponente mobile-radio, infarcito di valvole con due manopole madreperla sul frontale, che avevano il magico potere di proiettarti in uno sconfinato mondo di voci e di suoni. Ricordo di allora l’inconfondibile piglio toscano di Silvio Gigli, o la calata spoletina di Alberto Talegalli.
Sempre alla radio devo poi il mio debutto in arte, ad appena 17 anni, come “annunciatore sostituto” al gazzettino della Liguria, sede R.A.I. di Genova.
E ancora la radio Ë stata alla base della mia avventura lavorativa forse pi_ esaltante, quando col “trio” varammo nel 1982 “Helzapoppin Radio Due”, preziosa palestra di tutte le nostre future creazioni e trasmissione che si rivelÚ poi programma-cult.
L’approccio col testo di Sabina Negri Ë stato perciÚ un qualcosa di pi_ che il rapporto con un mezzo espressivo che ha fatto da sottofondo alla mia carriera artistica, ma, come accade per il protagonista di “L’ultima radio”, pur se in maniera differente, ha caratterizzato anche i momenti pi_ significativi della mia esistenza.
Il conduttore-factotum ripercorre l’avventura di questa sua emittente, ed essa coincide con un ben pi_ profondo bilancio della sua vita, che passa attraverso quei miei stessi anni, anni densi di speranze deluse, di scelte essenziali, di esperienze che hanno lasciato un solco incancellabile nelle rughe del tempo.
Ci ho messo dentro molto di me, virando un po’ pi_ verso l’ironia, che Ë alla base della mia ricetta di sopravvivenza.
Anche la scelta del tappeto musicale sul quale si muove il tutto ha avuto una forte valenza evocativa, e qui ho trovato la preziosa collaborazione di Marcello, dal quale mi separano almeno due generazioni, ma con cui ho verificato “sul campo” una totale sintonia espressiva che non conosce datazioni o classificazioni.
Devo confessare che generalmente non sono attratto dal “monologo”, ma qui a convincermi Ë stato il contesto del tutto diverso: il “solista” in questione Ë solo il tramite di una infinita catena di contatti, rapporti, evocazioni; egli rappresenta la preziosa sinapsi tra gli infiniti microcosmi di umanit‡ che affollano l’esistenza di ognuno di noi.
Tullio Solenghi

Note di regia

Io mi sono ‘arrabbattato’ per molti anni nell’intento di limitare la ricezione di messaggi alla sola stazione cui erano diretti e non mi sono accorto di avere in mano una fortuna d’inestimabile valore: la radiodiffusione. La possibilit‡ di ricevere contemporaneamente in molte localit‡ un’unica trasmissione fu considerata per molti anni un gravissimo difetto della radio ed essa invece puÚ rendere immensi servizi circolari.
(Guglielmo Marconi)

Quando chiedete alle persone se ascoltano la radio Ë facile che rispondano ‘No’. Quando poi chiedete loro se,quando sono in macchina, tengono la radio accesa rispondono ‘SÏ’. Il fatto Ë che non l’ascoltano, ci stanno seduti dentro.
(Schwartz)

La radio organizza il mondo per l’orecchio.
(Rudolph Arnheim)

Breve fenomenologia incompleta di alcuni momenti della musica di tendenza

Nel 1982 un mio amico mi propose di lavorare in una radio. La mia conoscenza musicale era abbastana eterogenea, dovuta ad una maniacale passione che mi portava ogni estate a Londra per scovare le novità d’oltremanica più interessanti del nostro panorama fatto di pop leggero e poco innovativo.
Erano gli anni della new wave, gruppi come i Cure, Siouxsie and the Banshees, Joy Division assieme ai mitici Clash e Sex Pistols in inghilterra e Patti Smith i Ramones e i Television di Tom Verlaine impazzavano con i loro riff misti di rock’n roll e suoni della metropoli. Parole come paranoia, come pogare, come sabato sacro erano di norma per quella tribù notturna che affollava i locali alternativi dove si poteva ballare la new wave, o la musica dark dei Bauhaus oppure l’elettronica dei Simple Minds o degli Human League di “Dare!”
Nel frattempo in altre zone della città le discoteche alla moda suonavano la musica di Kool & The Gang (il mitico Get down on it) e la Disco Music, odiata dai rockettari. In quegli anni si inziava anche a ballare il rap di Grand Master Flash in queste discoteche ‘in’ e i ricchi figli di papà che le abitavano erano completamente all’oscuro della forte dimensione politica che aveva fatto nascere il rap nei sobborghi della gente di colore americana.
Ma il panorama musicale vive di corsi e ricorsi e allora di lÏ a poco ecco il revival della musica psichedelica degli anni 60 il cosiddetto paisley underground che riprendeva le tematiche acide degli Standells o dei 13th Floor Elevator o dei più noti Beatles e Kinks.
Nel 1990 la svolta la diedero i Public Enemy che per primi campionarono una piccola sequenza presa da un brano già edito. La rivoluzione partÏ da lÏ, i Massive Attack e Tricky sancirono la nascita di livelli musicali incrociati e crossover mentre la scia rock si addolciva con il post rock, pi_ melodico e meno parlato con improvvise raffiche strumentali.
Si potrebbe ovviamente continuare a lungo a parlare dell evoluzioni della musica, e quindi della radio.
Nel 1982 Radio Spazio Popolare a Napoli era una radio completamente autogestita, i miei ricordi vanno dai lavori di muratura nella sede di Soccavo (manco a dirlo un sottoscala umido) a cordate di volontari per tirare su i ripetitori ai Camaldoli.
Il mio programma (per la verit‡ lo conducevo con mio fratello) era sulle nuove tendenze della musica new wave e si chiamava Ha Ha Herman (dai fumetti diSchultz). Si andava spesso a ballare e ai concerti, spesso a Roma, era tutto molto esaltante.
Oggi la radio si Ë molto evoluta rispetto alla fine dei 70. Pochi forse sanno che una delle prime radio fu creata da Claudio villa e da suo figlio Mauro. Le cosiddette Radio Libere cercavano di dare un’alternativa alla Rai che mandava solo canzonette sui primi due canali e programmi culturali sul terzo. (Esisteva anche la filodiffusione, diffusa appunto via cavo telefono, una bizzarra anticipazione della radio web).
Oggi la radio è su internet, sui cellulari, e in alcuni casi non prevede pi_ la figura del conduttore (vedi Life Gate). Possibilità di scegliere programmi in podcasting con playlist scelte dall’utente, addirittura lettori dvd collegati alla rete internet che si collegano con migliaia di radio in tutto il mondo, o televisione via cavo con programmi radio a diffusione continua con tematiche di genere.
Ma nonostante questo oggi la radio vive una sua seconda giovinezza, tutti noi in auto o a casa o dove più crediamo, accendiamo la radio. C’è un senso di partecipazione alla vita che esalta e fa compagnia. Uno stesso brano sentito da un cd o alla radio in diretta ci risulta essere diverso, più vivo, perchè ci rende parte di una realtà fenomenica in movimento.

La nostra historia

Il nostro protagonista si muove all’incirca in quegli anni e nel suo percorso fallisce il suo intento espressivo e artistico. La sua radio deve chiudere per mancanza di fondi e di ascoltatori.
Nell’epoca dove regna lo share e l’auditel (genialmente sbeffeggiato dall’ultimo hit di Caparezza) il nostro omino non riesce a stare al passo, nonstante il suo programma sia bello, interessante e onesto.
Certo non ha la polemica indole del Bogosian di “Talk Radio” o l’impegno politico di Peppino Impastato, ma il suo è un programma.
Allora come mai chiude?
Il nostro intento Ë proprio questo, di elevare la vicenda del nostro protagonista al di l‡ di una fenomenologia minimalista di ‘fatterello’, renderla metateatrale, l’uomo Ë il protagonista della sua vita, del suo microcosmo, rappresenta il mondo di chi non ce la fa perchÈ Ë troppo dura e se non ti sporchi le mani resti indietro.
La telefonata che aspetta e che non arriva non Ë molto diversa da quella che aspetta la donna della Voix Humaine di Cocteau, rappresenta l’urlo disperato di tanta gente che vive una vita di speranza che non riesce a trovare il canale giusto per emergere anche un po’ dalla solitudine dalla desolazione e dalla globalizzazione imposta dal mondo occidentale.
E come PuÚ dunque un piccola radio completamente auto gestita in più da una sola persona andare avanti?
Troppi cavi, antenne e satelliti hanno creato una macro produzione di eventi culturali mediatici dove una vecchia piccola Radio Libera ha una sola libert‡: quella di affondare con tutta la nave nelle onde a modulazione di frequenza.
La scena scarna, quasi metafisica formata da un parallelepipedo di plexiglass, musiche prese dal repertorio della vita di tutti, senza mai banalizzarne il contenuto espressivo e anzi ricercando nomi meno noti ma forse per questo più incisivi e neutrali.
La possibilità inoltre di lavorare accanto ad un attore della levatura di Tullio mi fornisce continui spunti, come in un’improvvisazione continua e mai ovvia, per navigare nel testo di Sabina i cui preziosi racconti forniscono schemi di un’era passata ma presente nel nostro ricordo del futuro che verrà.
Ps: Edwin Howard Armstrong l’inventore dell’FM (la modulazione di frequenza in contrapposizione alla modulazione d’ampiezza AM), la radio che tutti oggi ascoltiamo, morì suicida nel 1954 schiacciato dalle guerre legali col colosso RCA che aveva il monopolio della radio AM.
Marcello Cotugno