Resoconto del convegno del 17 gennaio “Comunicare una diagnosi prenatale, comunicare una speranza”

23 gennaio 2009 | 10:08
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Resoconto del convegno del 17 gennaio “Comunicare una diagnosi prenatale, comunicare una speranza”

L’avvenimento è stato realizzato nell’ambito del Master di Bioetica attivato ormai da due anni in videoconferenza dall’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma

Si è svolto sabato 17 gennaio, presso  la Sala dei Comuni di Imperia il Convegno  “Comunicare una diagnosi prenatale, comunicare una speranza” promosso dal Cespim e per il Forum delle Associazioni Famigliari, dal Centro per la Famiglia e la vita di Imperia, il Centro di aiuto alla vita di Sanremo e le associazioni Profamilia e Promozione famiglia, che  sostengono i consultori cattolici delle due città. L’avvenimento, realizzato nell’ambito del Master di Bioetica attivato ormai da due anni in videoconferenza dall’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma, ha avuto come ospiti il prof. Giuseppe Noia, Primario di Ostetricia e Ginecologia del Gemelli di Roma e la sig.ra Sabrina Petrangeli Paluzzi, fondatrice e presidente dell’associaione “La Quercia Millenaria”.
Presenti una cinquantina di partecipanti fra medici, personale sanitario, insegnati, studenti e famiglie.
Il convegno è stato aperto dal dott. Franco Zanoni, Presidente del Forum delle Associazioni Familiari di Imperia, che, dopo un breve saluto ha ricordato come sia sempre più importante saper sostenere con competenza e solide basi scientifiche la dignità del feto, considerato nella sua realtà di soggetto umano, anche quando esso si presenta portatore di una malformazione o di una malattia. In qualità di moderatore ha quindi dato la parola al Presidente dell’ordine provinciale dei Medici, dott. Francesco Alberti, il quale ha fatto un breve excursus su quanto il codice di deontologia medica dice a proposito del rapporto di fiducia tra medico e paziente e della gestione di situazioni eticamente sensibili come l’aborto e l’obiezione di coscienza, sottolineando come il codice sia da rispettare qualunque sia l’orientamento ideologico del medico.
L’intervento del prof. Noia è stato molto ampio ed articolato. Partendo dalla visione antropologica, che ha portato nella nostra società a scindere l’atto sessuale dalla procreazione, ha sottolineato come spesso si perda di vista la centralità della persona trascurando il fatto che il nuovo essere umano che si viene a formare è protagonista di questi avvenimenti al pari degli adulti. Ha quindi illustrato rapidamente il rapporto tra embrione e madre che, fin dalle prime ore del concepimento, è ricco di comunicazioni bio-chimiche, fondamentali sia per il buon andamento della gravidanza sia per la qualità futura della vita del concepito.
Il prof. Noia è quindi arrivato al cuore della giornata di studio: la diagnostica prenatale e il suo utilizzo. Con numerosi esempi tratti dalla sua lunga esperienza professionale ha spiegato come molto spesso l’interpretazione di una diagnosi prenatale fondata solo su “informazione” e non su “conoscenza” possa portare alla cattiva interpretazione dei dati clinici e degli esami,che provocano angoscia nelle famiglie e conseguenti tragiche decisioni. Dati alla mano, ha dimostrato come in molti casi la comunicazione  di un ipotesi diagnostica di malformazione fetale, sia causa di ricorso  all’aborto,  mentre un’indagine più approfondita permetterebbe di verificare il buono stato di salute del feto.
Ha inoltre segnalato come anche in numerosi casi  di effettiva patologia del bambino nel grembo materno, sia  possibile intervenire con cure mediche e chirurgiche intrauterine, che possono migliorare se non addirittura  guarire molte situazioni critiche.
Il dott. Noia ha poi testimoniato come, anche nel caso di patologie a esito fatale, sia sempre possibile accettare la malattia del proprio bambino e accompagnarlo all’esito finale senza ricorrere alla triste pratica dell’aborto cosiddetto “terapeutico” che lascia, oltre al dolore comunque inevitabile, una cicatrice difficilmente cancellabile nella psiche della madre. Ha quindi ricordato i dati impressionanti della sindrome post-abortiva che colpisce spesso le mamme che non sono state aiutate ad accogliere il proprio bambino.
La parola è passata poi alla sig.ra Sabrina Pietrangeli Paluzzi che ha raccontato la sua esperienza di mamma cui era stata fatta una diagnosi di “feto terminale”: tuttavia, il suo bambino, Giona, che sembrava  destinato a morire prima della nascita per gravi problemi urologici,  ha sorpreso tutti, riuscendo a nascere. Ora ha  quasi sei anni e pur non avendo risolto tutti i suoi problemi, è un bambino “pieno di vita”. La signora Paluzzi, ha proseguito raccontando prima la sua esperienza di solitudine, cui è seguita la  serenità, nonostante le traversie, raggiunta grazie alll’incontro con un medico, il Professor Noia,  che ha condiviso con lei la difficoltà di quella gravidanza, Da qui la spinta a mettersi al servizio di altre famiglie che potevano vivere il dramma di una diagnosi di grave patologia fetale fondando l’associazione “La Quercia Millenaria”.
Ha quindi passato brevemente in rassegna le frasi con cui i medici si erano rivolti a vari aderenti dell’associazione per comunicare la gravità della situazione dei loro bambini: frasi  infelici, da cui emergeva il disprezzo del valore della vita dei loro bambini, spesso definiti come “praticamente neanche esseri umani”.
Questa vicinanza ai genitori si concretizza anche nella possibilità di alloggio e consulenze gratuite.
Ha concluso l’incontro il  Presidente dei Medici Cattolici di Imperia, dott. Giovanni Amoretti che ha ricordato come tutta la società dovrebbe saper accogliere le persone con qualunque difficoltà e di come sia l’amore il metro di giudizio sul quale si misura questa capacità.