Giornale del Rossese: tra la fine di aprile e l’inizio di maggio due eventi

30 gennaio 2009 | 17:05
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Giornale del Rossese: tra la fine di aprile e l’inizio di maggio due eventi

In questo lembo di terra il vitigno re è il rossese detto di Dolceacqua , dal nome dell’antico borgo medioevale roccaforte dei Doria, che è il principale paese dove il Rossese è coltivato

Tra la fine di aprile e l’inizio di maggio due  eventi: Vino e Vignette, manifestazione che si svolge a Bordighera che accomuna i vignettisti ed il vino,
In questo lembo di terra il vitigno re è il rossese detto di Dolceacqua , dal nome dell’antico borgo medioevale roccaforte dei Doria, che è il principale paese dove il Rossese è coltivato.
In questi terreni rocciosi arroccati nelle strette valli dell’entroterra di Ventimiglia e Bordighera il vitigno ha trovato il suo "terroir" prediletto e si esprime a meraviglia.
Le sue origini risalgono intorno al 1600 e Napoleone, durante una visita all’antico casato dei Doria,lo apprezzò a tal punto che se ne fece spedire diversi barili sia a Parigi sia per accompagnare le sue campagne militari in Italia
Dopo questo periodo il rossese ha conosciuto un periodo di oscurantismo ed abbandono, forse anche dovuto all’incremento della coltura dell’olivo, fino ai giorni nostri dove  una decina di poduttori entusiasti lo sta riportando agli antichi onori.
Ma che cosa è il rossese? E’ un vino, insignito della DOC nel 1972, che può essere coltivato in 14 comuni a ridosso di Dolceacqua con vigneti coltivabili fino ad un’altezza massima di 600 metri sul livello del mare.Il grappolo del rossese eè allungato,spargolo con una o due ali, acini rotondi blu-neri ricchi di pruina e con una polpa leggermente croccante.
Il vino è fruttato, con delicati sentori di viola e sottobosco e con un leggero finale gradevolmente amarognolo.
Esiste anche nella tipologia superiore dove è messo in commercio , previa invecchiamento di un anno, si cerca di nobilitarlo come vino da invecchiamento, ma oggi, si tende a consumarlo prevalentemente giovane.E’ un vino , che alcuni paragonano al Pinot Noir, forse per l’aspetto del grappolo, dimenticandosi, innanzitutto , che è un vitigno da climi freddi e che ha una complessità aromatica difficilmente avvicinabile da altri vitigni. A me, piuttosto, ricorda il Cinsault della Provenza, perchè quando è ottenuto da vigneti molto vecchi dimostra un potenziale incredibile con una bella profondità, mineralità e robustezza perfettamente adattato a quello che i Francesi chiamano "terroir".Mentre quando è prodotto da vigne giovani è tendenzialmente facile da bere, meno complesso, e con minore attitudine all’invecchiamento.
Nei vari siti stranieri, dedicati ai vini e vitigni, lo si dipinge come un vino non molto diffuso spesso paragonato al Beaujolais;Jancin Robinson, nel suo Atlante Mondiale dei Vitigni, lo definisce come un vitigno di scarsa importanza e con poca acidità.Il Rossese cerca ora la sua via, dove piazzarsi nell’enorme puzzle enologico Italiano,cercando di trovare una propria identità, però purtroppo deve, anche, combattere  contro l’abbandono da parte di produttori enologici locali. Questo vino è un vino dalle mille sfacettature, quasi camaleontico, che si adatta ,quasi in simbiosi, con i terreni dove vive che sono i famosi vigneti :Arcagna,Poggio ai Pini,Savoia, Galeae,Luvaira, Posaù
E’ un vino da servire a Temperature intorno ai 15°-16° e che ,normalmente , è abbinato ai tipici piatti locali ma si potrebbe benissimo accostare alle nuove cucine di tendenza tipo quella "Fusion".
Sabato 3 Maggio, in occasione della manifestazione "I Tesori della Riviera dei Fiori" organizzata dalla Comunità Montana Intemelia, si è svolto il wine tasting del Rossese di Dolceacqua, nella splendida sala convegni del Castello dei Doria.
All’evento, animato da Paolo Massobrio, hanno partecipato una trentina di invitati tra sommeliers, giornalisti, produttori, enotecari, scrittori e blogger come Andrea Scanzi, anche se, ad onor del vero, vista la vicinanza con La Francia e Monaco, mancava qualche rappresentante d’oltre confine, che avrebbe contribuito a rendere più internazionale questa rassegna.
Abbiamo iniziato degustando l’annata 2007: ci troviamo davanti ad un’annata siccitosa come il 2003 e reduci dall’esperienza di quell’anno, i produttori hanno saputo cogliere i tempi giusti di raccolta, preservando quell’acidità importante in un’annata calda come questa, ottenendo un’ottima alcolicità, ma con gli aromi primari un pò carenti.
A detta dei produttori, questo vino può essere già pronto da bere, considerandolo superiore per l’elevato grado alcolico, anche se, a mio parere, risulta ancora un pò disequilibrato tra i vari componenti.
Il Rossese è un vino dal colore rosso rubino molto tenue, quasi trasparente ed all’esame olfattivo si rivela con i caratteristici aromi di rosa, violetta, sottobosco ed un retrogusto amarognolo che ricorda la mandorla.
Per quanto mi riguarda, i vini dell’annata 2007 sono risultati di buona qualità e nell’insieme, a parte un vino che sapeva di tappo ed un altro di solfiti, si sono rivelati gradevoli, con una mia preferenza per quelli di KA MANCINE’,con il loro "Beragna 2007" (il quale rispecchia in pieno l’andamento dell’annata), la TENUTA ANFOSSO e TERRE BIANCHE.
Dopo il 2007 si è passati al 2006, dove abbiamo assaggiato diverse cru (i singoli vigneti più importanti), come Luvaira, Galeae, Arcagna, Poggio ai Pini, fino al Pian del Vescovo 2005 della Tenuta Giuncheo.
Nel 2006 il vino è già evoluto verso aromi secondari di frutta matura, acidità abbastanza presente e tannini morbidi e non invadenti.
In questa fase ho particolarmente apprezzato i "CRU" come VIGNETI D’ARCAGNA di TESTALONGA, (molto equilibrato, dagli aromi tipici e una leggera mineralità) e per la loro personalità, il POGGIO AI PINI della TENUTA ANFOSSO ed il POSAU di MACCARIO-DRINGENBERG. Merita inoltre una citazione, anche il Rossese BIOLOGICO di PISANO DANIELA.
Con mio grande dispiacere, per motivi di lavoro, ho dovuto abbandonare la manifestazione prima del suo termine.
Il Rossese è un vino che rispecchia il nostro territorio: leggero, caldo e di corpo moderato.
Al fine di esaltare il suo profumo, è importantissimo osservare la giusta temperatura di servizio, che dovrebbe essere (e quasi mai lo è) tra i 14°e i 16° per i vini giovani ( 2007), al fine di stemperare l’alcolicità molto forte, e tra i 15° ed i 17° per i vini più maturi, dove l’alcol è già mischiato con gli altri componenti.
Questo è un errore che spesso si ripete e, anche nel corso della Manifestazione, le temperature non sono state rispettate a dovere, penalizzando il vino.
Come abbinamento al cibo io lo vedo bene nel nuovo contesto di cucina FUSION, di tendenza nelle capitali europee, che è un mix tra le varie cucine nazionali come l’Italiana, la Giapponese, l’Indiana etc. etc.
Se il Rossese vuole varcare i propri confini, che cominciano ad essere un pò stretti, deve abbandonare, in parte, gli accostamenti cibo-vino tradizionali ed essere un pò spregiudicato, puntando ad una cucina più internazionale e moderna.
Infatti il Rossese, per rivelarsi nel suo pieno potenziale, dovrebbe puntare su accordi con cibi delicati ed aromatici, che ne esaltino i profumi particolari, avendo l’accortezza di servirlo sempre alla giusta temperatura.
Ringrazio, infine, Fausto Noaro della Coldiretti e Gianstefano Orengo, Presidente della Comunità Montana Intemelia, nonchè collega sommelier di ottima levatura, per avermi invitato a questa importante manifestazione.

Massimo Sacco