La riforma della contrattazione collettiva: incontro della Uil mercoledì prossimo a Sanremo

All’ordine del giorno, la discussione sul documento condiviso da Uil, Cisl e Confindustria sulle linee guida per la riforma della contrattazione collettiva.
Il prossimo 22 ottobre è per la Uil una giornata molto importante:
Per la prima volta nella storia della UIL anche in Provincia di Imperia presso la sede di Piazza Cassini, 3 di San Remo, alle ore 15.00, unitamente alle altre Provincie di tutta Italia, si riuniscono contemporaneamente tutti i Comitati Direttivi di categoria e della Camera Sindacale Provinciale dell'Organizzazione, allargati ai quadri, ai delegati e alle RSU aziendali, per una approfondita analisi di un tema estremamente importante per il positivo prosieguo delle relazioni sindacali e per la stessa contrattazione.
All'ordine del giorno, la discussione sul documento condiviso da Uil, Cisl e Confindustria sulle linee guida per la riforma della contrattazione collettiva.
Alcuni argomenti che verranno illustrati ed approfonditi:
1) Perché la riforma del modello contrattuale:
Nell'attuale scenario, il modello contrattuale vigente, nato nel '93 per contribuire alla riduzione di un tasso d'inflazione a due cifre, ha ormai esaurito la propria funzione e, quindi, nell'interesse dei lavoratori, delle imprese e del Paese, bisognava e bisogna superare l'attuale fase di difficoltà simboleggiata dallo stallo di molti rinnovi contrattuali.
Negli ultimi anni l'Italia ha perduto progressivamente terreno sul piano della produttività, a differenza di quanto era avvenuto a partire dagli anni '50 fino alla metà degli anni '80, quando la produttività del lavoro era cresciuta di più della media europea.
Nel periodo 1996 – 2005, le retribuzioni reali per occupato, nel nostro paese, sono cresciute meno della media UE, registrando dati peggiori di Regno Unito, Grecia, Francia e Germania.
La riforma del modello contrattuale non era e non è, quindi, più rinviabile.
L'obiettivo del confronto con Confindustria è stato quello di un accordo utile per i lavoratori, avendo come obiettivo il miglioramento delle loro condizioni, attraverso un nuovo modello contrattuale che contribuisse a migliorare i fattori di competitività, redditività e produttività delle imprese, e spostando in avanti la frontiera di specializzazione produttiva del nostro Paese.
L'accoglimento da parte di Confindustria di alcune questioni significative contenute nella piattaforma di Cgil, Cisl e Uil, presentata lo scorso mese di febbraio, ha rappresentato un sostanziale avanzamento delle posizioni originarie, consentendo così alla UIL, insieme alla CISL, di condividere un documento di "Linee Guida sulla riforma della struttura della contrattazione".
Tali "Linee" forniscono un'importante risposta al problema salariale, fondata innanzitutto sulla difesa del Contratto Collettivo.
Rispetto al costo della vita, infatti, vi è l'individuazione di un nuovo indice, "l'inflazione previsionale triennale", più elevato del tasso programmato di inflazione, unilateralmente fissato dal Governo.
E' prevista, altresì, la copertura economica dei nuovi contratti dalla data di scadenza dei precedenti ed un meccanismo di recupero certo degli scostamenti fra l'inflazione misurata con il nuovo indicatore previsionale entro la fine del triennio di vigenza contrattuale e quella effettiva
Con le "Linee Guida" le parti sociali firmatarie chiedono anche al Governo la conferma, il miglioramento e la messa a regime delle misure di decontribuzione e detassazione degli incrementi di produttività nel contratto aziendale.
Il confronto con le altre associazioni datoriali continua sulla base delle "Linee Guida" per giungere, nel breve, ad un negoziato con il Governo, anche quale datore di lavoro, per coinvolgere il settore dell' Impiego Pubblico.
La Cgil, anche affermando di non condividere le "Linee Guida" ha dichiarato che parteciperà al tavolo di confronto allargato sulla riforma del modello contrattuale.
2) I punti principali della riforma:
Attuare il passaggio da quattro a tre anni della vigenza contrattuale, sia normativa che economica, con la semplificazione delle procedure dei rinnovi.
Confermare il CCNL come strumento primario, solidaristico ed universale di tutela del potere di acquisto delle retribuzioni, ponendolo al centro della regolamentazione del sistema delle relazioni industriali.
Garantire la copertura economica dei nuovi contratti dalla data di scadenza dei precedenti.
Assumere l'individuazione di un nuovo indicatore previsionale triennale per l'adeguamento delle retribuzioni all'aumento del costo della vita (prendendo a base l'IPCA – Indice Previsionale Armonizzato Europeo – più realistico, e, quindi, migliore del "tasso di inflazione programmato" deciso unilateralmente dal Governo). L'IPCA sarà corretto escludendo l'inflazione da energia importata, in modo da evitare effetti inflazionistici.
Fissare la verifica ex post degli scostamenti fra inflazione prevista ed andamento effettivo dell'inflazione, misurati con il nuovo indice, al fine di un recupero retributivo entro il triennio di validità del contratto.
Rafforzare il CCNL di categoria nel ruolo di individuazione, promozione e sviluppo di nuovi fondi bilaterali per la gestione paritetica dei servizi per i lavoratori.
Garantire la previsione contrattuale di un elemento retributivo di garanzia per chi non avrà avuto aumenti negli ultimi 4 anni o per i lavoratori che non beneficiano della contrattazione collettiva di secondo livello.
Superare l'insufficienza della contrattazione collettiva di secondo livello, nel fornire risposte collettive ai bisogni delle lavoratrici e dei lavoratori nei luoghi di lavoro; insufficienza che ha aperto margini di manovra integrativi e complementari nella contrattazione individuale fra lavoratore e azienda, con la determinazione diretta o unilaterale del datore di lavoro di elementi retributivi.
Potenziare la contrattazione di secondo livello, aziendale o territoriale, per avere spazi più ampi di manovra salariale a livello aziendale, contrastando la scarsa diffusione della contrattazione integrativa che ha prodotto una centralizzazione eccessiva delle dinamiche retributive e che ha sterilizzato lo sviluppo delle retribuzioni, assorbendo una quota della produttività. In tale direzione va anche la richiesta delle Parti al Governo di migliorare e rendere strutturale la detassazione dei premi di risultato erogati tramite la contrattazione di secondo livello e la loro decontribuzione, come previsto dal "protocollo sul welfare del 23 luglio 2007". Le richieste riguardano gli aumenti contrattuali erogati dalla contrattazione collettiva di secondo livello correlati agli incrementi di produttività e redditività o ad altri elementi di competitività assunti come base di riferimento dell'andamento delle imprese. I benefici andranno estesi anche ai lavoratori pubblici e dovrà essere ampliato il tetto di reddito utile per la detassazione. Il costo di queste misure dovrà comportare, da parte del Governo, lo stanziamento di circa 3 miliardi. Attualmente il regime di detassazione prevede l'assoggettamento ad un'imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali pari al 10%, entro il limite complessivo di 3.000 euro lordi, delle somme erogate a livello aziendale, nel periodo 1/07/2008 – 31/12/2008, ai lavoratori del settore privato titolari di reddito da lavoro dipendente non superiore, nell'anno 2007, a 30.000 euro. I lavoratori dipendenti del settore privato destinatari di contratti di secondo livello sono poco meno di 2 milioni, occupati soprattutto nelle grandi aziende private. Il consolidamento e il miglioramento del regime di decontribuzione e della detassazione dovrebbe incentivare l'espansione della contrattazione di secondo livello, anche nei settori delle piccole e medie imprese.
Considerare che gli spazi che i CCNL vigenti lasciano alla contrattazione integrativa sono ridotti, mentre cresce l'impatto dell'azione delle amministrazioni regionali e locali sulle condizioni di vita e sull'organizzazione del lavoro e dei sistemi produttivi. Infatti, il riassetto delle competenze istituzionali avvenuto con la riforma del Titolo V° della Costituzione e l'evoluzione del progetto di "federalismo fiscale" modificano gli ambiti e i livelli di interlocuzione e il riferimento del sistema delle relazioni sindacali sulle questioni relative alla disciplina del lavoro.
Compensare con un forte decentramento delle relazioni sindacali, al livello aziendale e/o territoriale, la centralizzazione e l'integrazione delle politiche di indirizzo delle relazioni sindacali, comunque necessarie per governare le dinamiche dei differenti settori produttivi. Ciò per esprimere le specificità di fatto delle diverse realtà che il riferimento esclusivo al settore non è in grado di rappresentare pienamente.