Il testo dell’Omelia di S. E. Mons Careggio al Santuario di N. S. della Costa questa mattina

15 agosto 2008 | 09:26
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Il testo dell’Omelia di S. E. Mons Careggio al Santuario di N. S. della Costa questa mattina
Il testo dell’Omelia di S. E. Mons Careggio al Santuario di N. S. della Costa questa mattina
Il testo dell’Omelia di S. E. Mons Careggio al Santuario di N. S. della Costa questa mattina
Il testo dell’Omelia di S. E. Mons Careggio al Santuario di N. S. della Costa questa mattina

In onore dell’Assunzione della Beata Vergine Maria

Questo il testo dell'omelia di S.E. Mons. Careggio in occasione del Solenne Pontificale in onore dell’Assunzione della Beata Vergine Maria che si è svolto questa mattina alle 11 presso il Santuario di N. S. della Costa:

ASSUNZIONE DELLA B.V. MARIA
Concattedrale di San Remo, 15 agosto 2008
L’irresistibile chiamata di Dio

Oggi, nella solennità dell’Assunzione, siamo tutti invitati a volgere lo sguardo alla Beata Vergine Maria, trionfante con Cristo in cielo. Fin dai primi secoli del cristianesimo questa festa è stata sempre molto sentita dal popolo cristiano. Com’è noto, essa celebra la glorificazione anche corporale di quella creatura che Dio si è scelta come madre e che Gesù, sulla croce, ha dato per Madre a tutta l’umanità.
L’antica innografia della liturgia bizantina così canta questo mistero: «O meraviglioso portento! La fonte della vita viene deposta in un sepolcro e la tomba diventa scala per il cielo. … Sei apparsa, o Sovrana, trono dell’Altissimo e oggi ti sei trasferita dalla terra al cielo. La tua gloria irradia i raggi della grazia» (TMPM, Ed. Città Nuova, 1988, p. 939).
Vorrei che ci fosse nella vostra mente un’idea precisa dell’Assunzione in cielo della Vergine in anima e corpo, unica creatura con questo privilegio. Lavorando di fantasia, noi pensiamo all’Assunzione come un viaggio in senso ascensionale dal basso verso l’alto, dalla terra verso il cielo. I pittori hanno riempito chiese e pinacoteche di tale raffigurazione, ma non è questa la verità. Come per il mistero dell’Ascensione di Cristo, così è per Maria: per entrambi non si tratta di un passaggio da un livello ad un altro livello, ma da un modo di essere ad un altro modo di essere. Non ci sono quindi trasferimenti spaziali, ma modi di presenza diversi, dei quali sappiamo poco dalla rivelazione biblica, ma tanto basta per poter vivere la nostra fede in prospettiva di eternità. Quindi, com’è stato per Gesù nel sua ascensione al Padre, così  anche per sua Madre si tratta di un passaggio dal nostro piccolo mondo terreno visibile all’altro mondo invisibile; dalla categoria del tempo limitato a quella dell’eternità; dal mondo effimero, fuggevole e precario, a quello duraturo e stabile per sempre.
Fatte queste precisazioni, mi domando: possiamo pensare a Maria, pregare ed invocare Maria, senza fare riferimento all’aspetto soprannaturale della nostra vita? Se ciò avvenisse – Dio non voglia – sarebbe anche in questo caso assecondare una devozione o una tradizione senz’anima e senza fondamento.
Maria, assunta in cielo, conferma quanto si legge nella Sacra Scrittura. Il Vangelo è tutto un richiamo al trascendente, a Dio. Gesù parlava spesso del “Regno dei cieli” e, per non essere frainteso dai suoi ascoltatori, scese a paragoni particolarmente efficaci e concreti. Chi non ricorda le cosiddette “parabole del Regno”? Mi piace oggi ricordare come tutto mondo, affascinante e luminoso, della vita spirituale sia paragonato dal Maestro ad un “tesoro”: è un bene così grande e necessario che non solo va trovato ma, una volta scoperto, occorre essere disposti a lasciare tutto quanto ci distolga dal possederlo.
Per tutti coloro che vivono distratti e come ipnotizzati dal sensibile è bene ricordare quanto si legge nella lettera agli Ebrei: «Non abbiamo quaggiù una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura» (Eb 13,14). San Paolo, scrivendo ai Corinzi, immersi nel paganesimo e nell’edonismo più sfrenato – avevano istituzionalizzato persino la “prostituzione sacra”, oltre alle depravate pratiche contro natura – diceva: “Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo?” (1 Cor 6,19). «Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, ciascuno per ricevere la ricompensa delle opere compiute finché era nel corpo, sia in bene che in male» (2 Cor 5, 10). Aggiungeva: «Finché abitiamo nel corpo siamo in esilio lontano dal Signore, camminiamo nella fede e non ancora in visione. Siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo ed abitare presso il Signore. Perciò ci sforziamo, sia dimorando nel corpo sia esulando da esso, di essere a lui graditi (2 Cor 5, 7-9). Oggi, solennità dell’Assunzione giova ancora ricordare queste altre parole di Paolo: «La nostra patria è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso» (Fil 3, 20s).
Cari cristiani, detto questo, interroghiamo noi stessi: è proprio vero che non ci sia in noi un profondo anelito verso Dio. I Santi sono i testimoni più eloquenti della sete che ha l’uomo di Dio. Basta ricordare la celebre espressione di Sant’Agostino: «(Signore), ci hai fatti per te e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te» (Conf. 1,1) e ancora dello stesso Santo: « Dio mio, luce dei ciechi e virtù dei deboli […] volgi la tua attenzione sulla mia anima e ascolta chi grida dall’abisso. […] Ecco la tua voce è la mia gioia […]. Non disprezzare questo tuo filo d’erba assetato» (Conf. 11,2,3.).
Emblematica ed universale voce della tragedia dell’uomo contemporaneo, privo di Dio, è quella del grande poeta, Giuseppe Ungaretti. Così motivava il suo avvicinamento alla fede: «Una civiltà minacciata di morte mi induceva a meditare il destino dell’uomo e a sentire il tempo, l’effimero in relazione con l’eterno. La mia poesia stava per non accorgersi più di paesaggi ed accorgersi invece, con estrema inquietudine, perplessità, angoscia e spavento, della sorte dell’uomo» (Sentimento del tempo, 1933).
Ecco allora la festa dell’Assunzione di Maria. Essa ci obbliga a vedere se la nostra vita sia rivolta al suo traguardo e, in caso contrario, a rettificarla. Questa verifica coinvolge non soltanto il singolo, ma l’intera società, quindi anche le nostre città che vorremmo poter ancora chiamare cristiane, ma non è più così.
Dobbiamo domandarci se la concezione della nostra vita sia o no illuminata da una idea che le porti senso vero e duraturo, che alimenti cioè la speranza nel futuro. Questo avverrebbe certamente se la società, nei suoi dinamismi fondamentali, nelle sue proposte, nei suoi programmi ponesse i suoi cardini nel destino immortale dell’uomo. Sta di fatto, invece, che nessuna età sia mai caduta così in basso come la nostra in un assoluto “temporalismo”. Esso consiste nel porre le maggiori preoccupazioni e i piaceri della vita nel possesso insaziabile di prodotti di consumo. Anche quei valori umani e cristiani, che noi riteniamo ancora buoni e fondamentali, sono vissuti all’insegna del “mordi e fuggi”. Si dimentica che un amore sfrenato per tutto ciò che è effimero non solo non soddisfa i bisogni fondamentali dell’essere umano, ma apre la strada verso un mondo di vuoto e di morte. Il monito di Giovanni Paolo II all’umanità, nel cinquantesimo dell’inizio della seconda guerra mondiale, suona quanto mai opportuno. Disse: «Quando si sfilaccia il tessuto morale di una nazione tutto è da temere» (27 agosto 1989). Questo vuol dire che senza Cristo non si costruisce che un mondo di infelici e la fine di tutto non è che la guerra. Ha quindi ragione Benedetto XVI quando afferma che la fede non solo ha un futuro, ma è il futuro dell’uomo e dell’umanità (cfr. Colloquio con il Clero di Bolzano-Bressanone, 6 agosto 2008). Maria oggi chiama personalmente tutti. Vuole distoglierci dal torpore di una vita spenta e peccaminosa tra le seduzioni del Maligno. Vuole consegnarci all’amore misericordioso del Figlio suo. Tra le sue braccia materne saremo sicuri di raggiungere facilmente la giusta gioia terrena insieme con la pienezza della beatitudine eterna.