Il testo dell’omelia di S.E. Mons. Careggio in occasione dell’ ordinazione di Don Luca Salacca

23 giugno 2008 | 08:43
Share0
Il testo dell’omelia di S.E. Mons. Careggio in occasione dell’ ordinazione di Don Luca Salacca

“Porta fiori e frutti abbondanti soltanto quello che si consuma e si trasforma”

La nostra Chiesa diocesana oggi è in festa e si stringe attorno a don Gianluca. Dopo matura riflessione, stiamo per elevare all’Ordine dei presbiteri questo figlio della parrocchia perché, al servizio di Gesù, Sacerdote e Pastore, possa cooperare alla costruzione del Corpo spirituale di Cristo che è la Chiesa. Nel continuare l’opera santificatrice di Gesù, non solo dovrà spezzare il pane della Parola, ma lo stesso Pane eucaristico, attualizzando in tal modo, nella celebrazione della Messa, il Mistero della morte e risurrezione del Signore. Infine, partecipando alla missione di Cristo, in comunione filiale con il Vescovo, dovrà guidare il popolo di Dio, avendo sempre presente l’esempio del Buon Pastore che non è venuto per essere servito, ma per servire.
La Chiesa invita dunque don Gianluca a riconoscere ciò che fa, a imitare ciò che celebra, sebbene la grazia del sacerdozio che oggi egli riceverà rimanga sempre un mistero, anche per coloro che sacerdoti lo sono da moltissimi anni.  
Nella prima lettura abbiamo ascoltato il racconto della vocazione del profeta Geremia, da cui arriviamo a conoscere che la chiamata dell’uomo è prima di tutto nella mente di Dio: «Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, / prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato; / ti ho stabilito profeta delle nazioni» (Ger 1,5). Si tratta di una chiamata che Dio stesso realizza e che l’uomo deve leggere nel proprio cuore. Ai Vescovi e ai Superiori dei Seminari spetta, ovviamente, l’arduo compito del discernimento. L’intento è quello di formare il sacerdote secondo il cuore di Cristo, che non risponda a schemi precostituiti, o a mimetismi desueti, sempre dannosi, ma che sia conforme alle necessità e aspettative reali della Chiesa. Ne deriva che il Seminario non debba essere visto come un luogo, ma un tempo; non sia vissuto come una prova, ma come una scelta finalizzata al Sacerdozio. In questa mediazione Dio manifesta ai seminaristi la sua volontà.
Nel percepire la vocazione e nel cammino della formazione, l’uomo può sperimentare, come Geremia, il senso della propria insufficienza e cerca, pertanto, di difendersi davanti alla responsabilità della chiamata. Sempre può emergere la perplessità di fronte ai propri compiti e dire come il Profeta: «Ahimé, Signore Dio, ecco io non so parlare…» (Ger 1,6). Ma di fronte alle riserve e alle difficoltà, che con ragione l’uomo oppone, Dio indica il potere della sua grazia. Con la forza di questo dono il sacerdote ottiene che la sua chiamata si realizzi: «“Va’ da coloro a cui ti manderò / e annunzia ciò che io ti ordinerò. / Non temerli, / perché io sono con te per proteggerti”. /… “Ecco, ti metto le mie parole sulla bocca”» (Ger 1,7-9). È necessario meditare sempre con il cuore questo dialogo tra Dio e l’uomo, per trovare costantemente la struttura della propria vocazione, soprattutto di fronte alle inevitabili difficoltà pastorali. Dovrà affrontare come tutti le problematiche del tempo presente. A queste saranno mescolate le difficoltà quotidiane che provengono, non da coloro che pensano prima di agire, ma da tutti quelli che pensano soltanto e non fanno; da quelli che fanno e non pensano; infine, da quelli che non pensano e non fanno, ma parlano, e come parlano!
La consapevolezza dei nostri limiti personali e la confidenza nell’aiuto di Dio – «omnia possum in eo qui me confortat, posso far fronte a tutto in colui che mi dà forza» (Fil 4,13) – danno al pastore di anime il coraggio dell’umile perseveranza e la fedeltà alla propria missione. E’ l’unità con Gesù il segreto dell’autentico successo del ministero di ogni sacerdote.
Caro don Gianluca, qualsiasi lavoro svolgerai nella Chiesa, fallo sempre con dinamismo, soprattutto con quello che ti proviene dall’amare il Signore al di sopra di ogni altra cosa. La comunione con Lui, insieme con una vera e costante passione apostolica, ti assicurerà pure la serenità e la pace anche nei momenti più complessi e difficili. Alimenta questa amicizia con la preghiera, la meditazione, con una intensa vita interiore che è il carattere distintivo dell’anima veramente sacerdotale.
Oggi più che mai la Chiesa ha bisogno di testimoni credibili. Di fronte ad una umanità che sta smarrendo sempre più il senso dell’esistenza e di fronte ad una certa cultura contemporanea che  pone in dubbio ogni valore assoluto, persino la possibilità di conoscere la verità e il bene, c’è sempre più bisogno di testimoniare la presenza di Dio, di un Dio che comprende l’uomo e sa parlare al cuore dell’uomo. Il tuo compito sarà, quindi, quello di proclamare con la tua stessa vita, ancor prima che con le tue parole, l’annuncio gioioso e consolante del Vangelo.
Accanto all’ascolto quotidiano della Parola di Dio, c’è la Celebrazione dell’Eucaristia. Ti raccomando di celebrarla sempre con fede, devozione, attenzione; mi verrebbe la tentazione di aggiungere con “stile”, quello bello, nobile e sobrio, richiesto dalla Liturgia. Quando l’azione sacra è ben celebrata, parla da sé; sono la ricchezza dei segni ad essere tanto più eloquenti, quanto più sono fatti con il dovuto e sacro rispetto. Parafrasando il detto Le style c’est l’homme, ti dico: il modo di celebrare rivela e qualifica il prete. Via ogni sciattaggine dall’altare! È del Concilio di Trento l’espressione sancta, sancte, usata parlando dell’Eucaristia: le cose sante, siano amministrate santamente (XXII Sessione solenne, 17 settembre 1562).
La Messa sia, dunque, il cuore e il centro di ogni tua giornata e di tutto il tuo ministero. «Non ci si può accostare quotidianamente al Signore, pronunciare le tremende e stupende parole “Questo è il mio Corpo, questo è il mio Sangue”, non si può prendere tra le mani il Corpo e il Sangue del Signore, senza lasciarsi afferrare da Lui, senza lasciarsi conquistare dal suo fascino, senza permettere che il suo amore infinito ci cambi interiormente» (BENEDETTO XVI, Discorso alla comunità della Pontificia Accademia Ecclesiastica, 9 giugno 2008). L’Eucaristia diventi per te quella scuola di vita nella quale il sacrificio di Gesù sulla Croce ti insegni a fare di te stesso un totale dono ai fratelli.
Concludo, raccomandandoti al Signore ed augurandoti di non stancarti mai di vivere il mistero del seme: porta fiori e frutti abbondanti soltanto quello che si consuma e si trasforma.