MOBBING: le denunce corrono sul blog. Sotto accusa il centro commerciale BENNET di Pontedassio

7 marzo 2008 | 08:27
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MOBBING: le denunce corrono sul blog. Sotto accusa il centro commerciale BENNET di Pontedassio
MOBBING: le denunce corrono sul blog. Sotto accusa il centro commerciale BENNET di Pontedassio
MOBBING: le denunce corrono sul blog. Sotto accusa il centro commerciale BENNET di Pontedassio

Orari massacranti di lavoro, cambi punitivi di reparto, declassamenti di funzione in cambio della maternità e altre vessazioni a chi osa ribellarsi. Sono alcune delle segnalazioni degli impiegati. Molte denunce sulla grande rete

Orari massacranti di lavoro, cambi punitivi di reparto, declassamenti di funzione in cambio della maternità e altre vessazioni a chi osa ribellarsi. Sono alcune delle pressioni psicologiche ­ più comunemente conosciute con il termine di 'mobbing' – a cui sarebbero (e sottolineiamo il condizionale) soggetti, secondo la denuncia di una dipendente, D.B., molti degli impiegati del centro commerciale 'Bennet' di Pontedassio.

Ma per una denuncia chiara e trasparente, ce ne sono altre (molte) che corrono sul web ­ per la precisione sul blog intitolato 'Bennet… una catena in tutti i sensi' – dove decine e decine di dipendenti o ex dipendenti, non solo imperiesi naturalmente, si sfogano (nell'anonimato, con un nickname) e raccontano le loro vicissitudini in azienda. Una vera e propria piazza, o gruppo di discussione, dove è possibile leggere segnalazioni di ogni tipo, ma dove soltanto in pochi hanno il coraggio di comparire con le proprie generalità, per paura di perdere il posto di lavoro o di ritorsioni e trattamenti ancora più disparitari.

Portavoce di questa crociata è una giovane donna di Imperia, che l'anno scorso (tra l'altro) ha presentato una denuncia all'Ispettorato del Lavoro, elencando tutti i comportamenti antisindacali da parte della direzione, senza, però, ricevere un effettivo riscontro. «Ci sono una settantina di vertenze in tutta Italia ­ spiega l'impiegata ­ per orari di lavoro non rispettati, livelli non accordati e via dicendo. La legge impone, infatti, che superati i primi diciotto mesi di attività ci sia uno scatto dal quinto al quarto livello, come avviene, ad esempio, nella mia situazione. Eppure, malgrado abbia superato il periodo indicato, non ho ancora ricevuto lo scatto».

Ma questo è poco rispetto a una situazione che, a detta di alcuni lavoratori, sarebbe ancora più allarmante. «Lavoravo nel settore dei latticini ­ prosegue ­ e per punizione mi hanno trasferita in pescheria. Ma c'è anche la storia di chi, ad esempio: dallo scatolame, è passata all'ortofrutta, soltanto perché aveva preso un breve periodo di malattia, dopo che un collega le aveva schiacciato un piede con un montacarichi. A me, inoltre, come alla maggior parte dei dipendenti assunti part-time è stato chiesto di lavorare per sessanta ore settimanali, contro le diciannove o ventiquattro a contratto. Riguardo alla maternità, c'è il caso di una dipendente di Imperia che ha dovuto rinunciare al passaggio al terzo livello per usufruire di questo beneficio».

Ma non finisce qui. «Contro alcuni dipendenti che si sono opposti alle ore
di straordinario o che hanno preso una settimana di mutua, sono stati presi provvedimenti tipo turni assurdi ad apertura e chiusura di giornata: tre ore al mattino dalle 6 alle 9 e altre quattro dalle 18 alle 20».

Veniamo al dunque. Al Bennet di Imperia, una catena di supermercati che vende cibo e prodotti 'no food', vale a dire articoli per la casa, ma anche hi-fi e altri generi, lavorano un'ottantina di persone. Alcuni dipendenti, proprio a causa di questi turni massacranti e comportamenti prevaricanti, alla fine si sono ammalati. «Io mi sono ammalata di ulcera, come altre mie collega ­ ancora la dipendente -. Una in particolare, si è ammalata di depressione ed ha dovuto licenziarsi perché non reggeva i ritmi. A maggio-giugno dell'anno scorso ho presentato un esposto denuncia all'Ispettorato del Lavoro, con tre pagine di relazione, ma non è cambiato molto, se non che ora non chiedono più di timbrare il cartellino 14 minuti prima dell'inizio del turno, per regalare un quarto d'ora all'azienda».

Altra contestazione riguarda il presunto obbligo di firmare gli orari di lavoro, ogni settimana o mese, anche per i dipendenti part-time. «Non ultimo
conclude ­ è il problema delle scarpe antinfortunistiche. Tranne che in pescheria, ma io mi sono dovuta accontentare di stivali più grandi di due misure, ne sono tutti sprovvisti ed è anche per questo motivo, che la mia collega si è ferita dopo che il montacarichi le è passato accidentalmente su un piede». A questo punto perché non licenziarsi o cambiare mestiere. «Magari fosse così facile».

Abbiamo provato a contattare la direzione imperiese dell¹azienda, ma il signor Di Matteo ci ha rimandato ad altro superiore della stessa sede, il quale, a sua volta, ci ha dirottati all¹ufficio marketing centrale, che ha sede nella provincia di Como. A quel punto ci è stato detto di parlare con il signor Tommaselli che, tuttavia, non era in ufficio.