La Rete rifiuti zero di Imperia scrive ai partiti politici della provincia

9 febbraio 2008 | 08:49
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La Rete rifiuti zero di Imperia scrive ai partiti politici della provincia

“Pensiamo, e vi interpelliamo su questo, che i cittadini e le comunità locali vadano finalmente coinvolti direttamente sulle scelte riguardanti le grandi opere e le piccole opere a grande impatto ambientale…”.

Una lettera aperta ai partiti politici della provincia di Imperia è stata elaborata dalla Rete Rifiuti Zero di Imperia. Il tema, naturalmente, e' quello dell'igiene pubblica. Di seguito il testo della missiva che noi giriamo integralmente.

Vi scriviamo in forma pubblica perché convinti che sia il modo migliore di interloquire su un tema attualissimo, quello dei rifiuti, sul quale nelle ultime settimane si sono conosciute, grazie ai mass media, le posizioni di molte delle vostre formazioni.
A distanza di qualche giorno dalla drammatica emersione del problema rifiuti in Campania, infatti, numerosi e autorevoli esponenti politici locali hanno dichiarato pubblicamente di essere favorevoli alla realizzazione di un termovalorizzatore nel territorio provinciale quale idonea e auspicabile soluzione per lo smaltimento.

Una convergenza sì significativa e tempestiva, da far pensare che l'orientamento favorevole ad un inceneritore, malgrado una simile scelta tecnologica fosse stata esclusa dal piano provinciale dei rifiuti, in realtà non sia stata mai accantonata o scartata da chi oggi, con manifesto trasversalismo, riprende a propugnarla nel contesto fortemente emotivo suscitato dalla disgraziata vicenda campana.
Noi, invece, ci dichiariamo decisamente contrari ad una simile soluzione e intendiamo proporre una concreta alternativa ad essa.

Pensiamo, e vi interpelliamo su questo, che i cittadini e le comunità locali vadano finalmente coinvolti direttamente sulle scelte riguardanti le grandi opere e le piccole opere a grande impatto ambientale; la salvaguardia dei beni collettivi (acqua, terra, energia, città e territorio); l'assicurazione del diritto alla salute. E' una fondamentale questione democratica, è la condizione per rigenerare la stessa partecipazione politica, oggi sempre più minata da una separatezza della rappresentanza.

Alla rete Rifiuti Zero aderiscono in Italia oltre 150 comitati popolari, associazioni e gruppi locali che da anni si battono in tutte le regioni contro una gestione dei rifiuti che ha disseminato il territorio di discariche inquinanti – anche di rifiuti pericolosi e tossici – (basti citare il caso di Pitelli, in Liguria), non ha attivato alcuna seria politica di riduzione della produzione dei rifiuti, di riutilizzo e di riciclaggio. Così come le amministrazioni nazionali e locali non hanno avviato alcun sistema di controllo sanitario e ambientale sul ciclo dei rifiuti, nessun controllo economico e amministrativo sulle aziende e sul traffico nazionale ed internazionale, né serie indagini epidemiologiche.

Al contrario – proprio quando i disastri ambientali, sanitari ed anche economici (sprechi di materiali, materia ed energia, costi per malattie, morti e dissesti territoriali) del ciclo di produzione e di trattamento dei rifiuti ed anche le direttive comunitarie impongono una precisa gerarchia degli interventi in questo settore, che parte dalla riduzione della produzione di rifiuti, per proseguire con il riuso (riutilizzo di merci), il riciclo (riutilizzo di materiali con risparmio energetico assai superiore al rendimento della combustione) e compostaggio della frazione organica, – i governi hanno cominciato a rilanciare una nuova proliferazione dell' incenerimento dei rifiuti, con annesse discariche per scorie, residui dell' incenerimento, polveri tossiche.
Noi ci opponiamo a questa proliferazione.

Infatti alla già note nocività dell' incenerimento – sia con inceneritori, sia in cementifici o in centrali a biomasse (spesso alimentate da rifiuti agro-alimentari, da residui inquinati dell'industria del legno e della carta) – dovute alla:

* produzione di diversi tipi di diossine e di furani, sostanze mutagene e/o cancerogene, assimilate prevalentemente con il cibo dalla catena alimentare, non esistenti in natura e "create" dai processi di combustione e soprattutto dall' incenerimento (80% circa), e che sono i più potenti sregolatori della crescita e dei dinamismi ormonali;

* dispersione diffusa nell' ambiente di metalli pesanti dannosi come Arsenico, Piombo, Mercurio e Cadmio;
si deve aggiungere, negli inceneritori della cosiddetta ultima generazione, che lavorano ad altissime temperature, la produzione di micro e nanoparticelle, (PM 2,5 e PM 1) che presentano un rischio sanitario maggiore delle "famose" PM 10 in quanto sfuggono ai filtri degli inceneritori mentre sono filtrate dai polmoni e vi si sedimentano.

La Rete Rifiuti Zero, che fa parte della rete mondiale GAIA (Global Alliance for Incineritors Alternatives) lotta contro questo "ciclo sporco" dei rifiuti ed è critica anche sui cd. gassificatori, impianti che, bruciando i rifiuti, producono gas metano (o anche idrogeno), ma anche residui solidi (ceneri), che verrebbero vetrificati, con notevole dispendio di energia.

Al centro delle nostre iniziative, poniamo la difesa della nostra salute e del nostro territorio e le lotte per un sistema di produzione che riduca più possibile – tendenzialmente a Zero – la produzione di rifiuti con cicli produttivi puliti ed a basso consumo di energia, con sostanze e merci non nocive, riutilizzabili e riciclabili (allungamento del loro ciclo di vita).

Proponiamo, dunque, che anche nella nostra provincia si facciano le scelte e si attuino le misure che abbiamo contribuito a sviluppare in varie realtà italiane quali concrete modalità di gestione dei rifiuti senza ricorrere all' incenerimento:

– forte disincentivazione, almeno per le merci prodotte e/o commercializzate in provincia, di imballaggi multimateriali o non facilmente recuperabili o riciclabili

– raccolte differenziate con il sistema porta a porta che, dove sono state attivate, hanno raggiunto percentuali oscillanti tra il 60 ed il 75%;

– avvio di filiere industriali del riutilizzo e del riciclaggio;

– compostaggio di qualità della frazione organica (utile in agricoltura e per porre un argine ai processi di desertificazione in atto in circa il 23% del territorio italiano e particolarmente interessante nella nostra provincia che ne vanta un utilizzo "storico" nel settore floricolo);

– trattamento di ciò che resta con una impiantistica di stabilizzazione meccanico-biologica (impianti a freddo, cioè senza combustione) con l'inserimento nel modulo impiantistico di un CENTRO DI RICERCA che segnali la criticità degli imballaggi e dei materiali non riciclabili o compostabili per prevederne, in tempi ragionevoli, una ri-progettazione industriale;

– Al termine di un ciclo virtuoso di questo genere, il materiale davvero rifiutato si ridurrà a quantità residuali, la cui gestione, sia mediante inertizzazione – e successivo utilizzo come inerte -, sia mediante conferimento controllato a discarica, non sarebbe più foriera di sprechi, rischi e giustificato allarme sociale.
Allo stesso modo riteniamo inaccettabili i Certificati Verdi quando diventano incentivi a fonti energetiche NON rinnovabili come sono i rifiuti, incentivi che servono a rendere economicamente sostenibili i costosissimi inceneritori, altrimenti in perdita finanziaria costante.

Non a caso la "Rete Rifiuti Zero", insieme a Greenpeace Italia, ha promosso la raccolta di firme contro i sussidi statali all'incenerimento.
Così come stiamo studiando la possibilità di rifiutare il pagamento della tariffa rifiuti nella parte finalizzata a finanziare la costruzione degli inceneritori o di impianti di combustione che utilizzano rifiuti, peraltro sempre imposti senza un confronto coi cittadini e senza la valutazione di soluzioni alternative.

In conclusione, vi chiediamo di voler riconsiderare e riapprofondire con noi un orientamento, quello favorevole alla combustione, all'incenerimento e alla termovalorizzazione, che ci sembra essersi manifestato in modo molto frettoloso e superficiale, di certo non sufficientemente attento alla valutazione delle altre, possibili alternative già in campo con successo, in Italia come all'estero.
Il diffuso ricorso agli inceneritori, per contro, vanificherebbe ogni serio tentativo di riduzione a monte, esasperando forme di produzione energivore e dissipative, e riproponendo, a breve tempo, problemi economici, ambientali e sanitari, quindi sociali, di estrema gravità.

Vogliamo sottolineare, altresì, quanto è stato già rilevato da alcuni nei giorni scorsi: la realizzazione di un impianto industriale di termovalorizzazione, in un territorio provinciale delle nostre dimensioni e con una popolazione di 200.000 persone (che dovrebbe fare una raccolta differenziata sistematica e capillare, come sosteniamo tutti), avrebbe senz'altro bisogno, per poter funzionare in modo efficiente ed economicamente conveniente, di bruciare quantità di rifiuti che potrebbero essere assicurate solamente da massicci conferimenti dall'esterno, da altre province o da altre regioni.

Nel confidare nella vostra attenzione, vi chiediamo di esprimervi in modo esauriente nel merito delle nostre osservazioni e delle nostre proposte.