Il testo dell’Omelia di Mons. Careggio in occasione dell’ Aniversario dell’ Azione Cattolica

21 gennaio 2008 | 10:38
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Il testo dell’Omelia di Mons. Careggio in occasione dell’ Aniversario dell’ Azione Cattolica

n armonia con l’evento che celebrate sono dunque tre gli imperativi della Parola del Signore che oggi vi sono consegnati: essere luce, essere uniti, essere testimoni.

Questo il testo dell'Omelia pronunciata ieri da S.E. Mons. Alberto Maria Careggio nella Cattedrale di Ventimiglia gremita di giovani e adulti per i 140 della fondazione dell'Azione Cattolica:

Ricordare i 140 della fondazione dell’Azione Cattolica è, senza dubbio, assolvere ad un dovere di anamnesi storica che, partendo dalle origini, ne percorre le fasi, ricordando tanto il cammino difficile degli inizi, quanto l’evolversi di un pensiero all’interno dell’Associazione stessa, sul ruolo del laicato cattolico nella Chiesa, cioè il rapporto con la Gerarchia ecclesiastica e la presenza dei laici sia nelle varie strutture ecclesiali, sia in quelle sociali, politiche, economiche, culturali.
Siamo qui non per fare soltanto la storia di un’Associazione di primaria importanza, quanto per ricordare un evento che ebbe origine da due grandi anime di ferventi cattolici, i conti Mario Fani e Giovanni Aquaderni che, sotto l’impulso dello Spirito Santo, furono capaci di leggere i cosiddetti “segni dei tempi”.
Nel clima massonico, anticlericale e persecutorio contro la Chiesa, in un contesto politico di grave conflittualità tra il potere politico e lo Stato della Chiesa, intensificatosi dopo l’unità d’Italia, essi lanciarono l’idea di un associazionismo che facesse fronte allo sgretolamento dei valori cristiani. Promossero, quindi, la Società della gioventù cattolica italiana. Pio IX l’approvò il 2 maggio 1868, la prima sede centrale fu Bologna e l’Aquaderni il primo presidente. Questo fu il segnale per una fioritura molteplice di società e di opere con fini particolari diversi, ma con un anelito comune: scuotere l’apatia dei cattolici e fare di essi dei difensori dei diritti di Dio, della Chiesa e del Papato. L’Associazione si definì come «la collaborazione dei laici all’apostolato gerarchico della Chiesa»; per programma ebbe le tre parole famose che per anni furono alla base della formazione degli Iscritti: Preghiera, Azione, Sacrificio.
Carissimi, a centoquarant’anni dalla fondazione, il clima politico, sociale e culturale delle origini non mi sembra particolarmente mutato. Le forze che osteggiano la Chiesa rimangono sul campo, sono ancora operanti con una virulenza tanto più forte quanto più subdola e mascherata è la loro azione, condotta sotto un irenismo che ha più la forza di indebolire le difese, che di costruire insieme una civiltà dell’amore, fondata sul messaggio evangelico, sull’etica cristiana e sulla condivisone di valori universali comuni.
L’avvento dell’era conciliare ha portato l’AC a riqualificare la sua presenza tanto che ,in questi ultimi anni, si è sentita la necessità di “fare nuova l’AC”, in vista di una rinnovata vitalità, liberata della polvere del tempo, per una “nuova brillantezza” che possa mettere in evidenza la parte migliore di sé.
Rendo omaggio alla Presidente Paola Bignardi che ha particolarmente lavorato in tal senso, chiedendo agli Associati di assumere uno stile di relazioni fraterne, abbandonando alcune abitudini e scelte desuete come la pesantezza dell’organizzazione, l’orgoglio di essere i primi, i più bravi, i tanti… Ha voluto mettere al bando lo stile lamentoso, un pragmatismo senz’anima, la tendenza a fare sempre le stesse cose perché si è sempre fatto così. Ha richiesto un impegno di formazione umile, onesto e aderente alla vita, uno stile di apertura coraggiosa alla novità attraverso itinerari formativi, il tutto per una AC bella, possibile e soprattutto fatta in parrocchia.
La Bignardi non ha neppure perso di vista il carisma fondamentale della Associazione il cui contenuto è principalmente quello del legame con la Chiesa particolare, che significa «disponibilità al servizio, senza sceglierne le forme, ma accettando di rispondere alle esigenze che la propria comunità presenta; legame che dà un’impronta alla vita spirituale, allo stile delle proprie relazioni intra-ecclesiali, al rapporto con i pastori…» (Discorso al Convegno degli Assistenti diocesani e parrocchiali, Roma, 17-20 febbraio 2003).
Carissimi, non conosco la storia dell’AC diocesana, ma dal mio arrivo ho visto i buoni frutti di una presenza che si esprime in modo particolare nella formazione dei giovani. Per me oggi è un voler rendere grazie a voi tutti, Associati, Dirigenti e Assistenti ecclesiastici, tanto di ieri quanto di oggi. Vuol pure essere un invito a rispondere con generosità alle speranze che la Chiesa Italiana nutre su di voi: ossia di una presenza attiva, di un laicato che sappia rispondere all’avanzamento della secolarizzazione e della scristianizzazione, alle sfide culturali che vogliono, ieri come oggi, togliere Dio dall’orizzonte della vita; un laicato, quindi, maturo, ben preparato, ben formato, non manipolabile, pronto a lavorare sempre senza cedimenti, tradimenti o pericolosi “distinguo”, rimanendo pertanto fedele alla Chiesa con un filiale ossequio alle direttive del Papa e dei Vescovi locali. Come desidererei che questo prezioso lavoro continuasse ad essere, come nel passato, un terreno fecondo anche per nuove vocazioni sacerdotali e religiose, nonché stimolo per  la costruzione di buone famiglie cristiane!
L’invito ad operare è oggi rafforzato dalla Parola di Dio che abbiamo ascoltata. Il brano del Profeta Isaia è di un’attualità sconcertante. Riporta il pensiero del Signore sul “chiamato”: «È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare… Io ti renderò luce… perché porti la salvezza fino all’estremità della terra» (Is 49, 6). Paolo, a sua volta, ricorda ai cristiani di Corinto la chiamata alla santità, in un cammino di comunione, “insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore” (1 Cor 1,2). Il brano evangelico, infine, afferma il dovere della evangelizzazione sull’esempio di Giovanni Battista che, vedendo lo Spirito scendere su Cristo, gli rende testimonianza.
In armonia con l’evento che celebrate sono dunque tre gli imperativi della Parola del Signore che oggi vi sono consegnati: essere luce, essere uniti, essere testimoni. Si tratta di un cammino che, se è richiesto ad ogni singolo battezzato, per un aderente all’AC diventa un esigente programma di vita da accogliere con particolare intensità e gioiosa responsabilità.