Sabato 20 gennaio 2008 |
Sanremo
/
Sanremo e dintorni
/
Societa
/

Festa di San Francesco di Sales, il testo dell’Omelia di Monsignor Alberto Careggio

21 gennaio 2008 | 08:47
Share0
Festa di San Francesco di Sales, il testo dell’Omelia di Monsignor Alberto Careggio
Festa di San Francesco di Sales, il testo dell’Omelia di Monsignor Alberto Careggio
Festa di San Francesco di Sales, il testo dell’Omelia di Monsignor Alberto Careggio
Festa di San Francesco di Sales, il testo dell’Omelia di Monsignor Alberto Careggio
Festa di San Francesco di Sales, il testo dell’Omelia di Monsignor Alberto Careggio
Festa di San Francesco di Sales, il testo dell’Omelia di Monsignor Alberto Careggio

“Il dovere della Verità, della Santità, dell’Apostolato”. La galleria di immagini è di Lorenzo Trevisan

   «Quando sarà scritta la storia dell’ultimo quarto di questo millennio, sono convinto che il grande contributo offerto dai mezzi di comunicazione alla causa dell’umanità sarà registrato con particolare rilievo per le future generazioni». Così disse Giovanni Paolo II ai giornalisti il 12 maggio 1980, di ritorno dal viaggio in Africa.
    Con questa affermazione il Papa voleva evidenziare tanto il ruolo insostituibile dei mezzi della comunicazione sociale, quanto la loro finalità, ossia la causa del bene dell’uomo.
    Siamo tutti concordi sull’importanza della comunicazione; meno evidente, senza dubbio, è la realizzazione della loro funzione di operare per l’elevazione morale e civile della società. Proprio per questo va sempre affermato che accanto al ruolo di “informare” vi è anche quello di “formare”: una pura e semplice informazione, priva di qualsiasi tensione verso la verità e il bene comune, sarebbe sempre dannosa all’uomo in quanto tale.
    Per un giornalista è senza dubbio più facile limitarsi alla cronaca. In tal caso non mancherebbe di fare il suo mestiere, ma mancherebbe certamente di essere un portatore di valori ed un fautore di verità. San Tommaso, infatti, ricorda che la verità è parte della giustizia (Summa Theol. IIa IIae, q. 109, a. 3). Vuol dire che essa entra nell’essere costitutivo dell’uomo, per cui non si può andare contro le norme fondamentali che fanno tale la creatura umana. L’uomo, quindi, ha bisogno di verità; egli stesso, nella sua costituzione tanto fisica, quanto spirituale e morale, ha impresso la verità dell’eterno pensiero del Dio creatore, perfezionata dalla Rivelazione di Gesù Cristo.
    Non vado oltre in questa riflessione, sebbene sia un discorso di fondamentale importanza, soprattutto di fronte al dilagare del relativismo, del soggettivismo e dell’agnosticismo, sia nel pensiero, sia nell’azione. Sono questi atteggiamenti la causa, senza dubbio, dello sfilacciamento morale che sta devastando, in forma sempre più virulenta, la nostra società.
    San Francesco di Sales, spirito acuto, giurista, teologo, dotto umanista, soprattutto santo, dedicò tutta la sua vita alla missione di ricondurre lo Chablais calvinista al cattolicesimo e, con infinite fatiche, vi riuscì.
    Fatto vescovo di Ginevra, ma residente ad Annecy, attuò le riforme del Concilio di Trento, dedicandosi apostolicamente alla predicazione. Per incontrare i molti, che non avrebbe potuto raggiungere con la sua predicazione, escogitò il sistema di pubblicare e di far affiggere nei luoghi pubblici dei “manifesti”, composti in agile stile e di grande efficacia. Questa intuizione, che dette frutti notevoli tanto da determinare il crollo della “roccaforte” calvinista, meritò a S. Francesco di essere dato, nel 1923, come patrono ai giornalisti cattolici.
    Vi sono tuttavia altre ragioni, ovviamente più profonde, che stanno alla radice di questa felice attribuzione. Al grande, appassionato amore per la verità evangelica va unito il suo desiderio di elevazione sociale e lo straordinario dinamismo apostolico. Il laicato cattolico deve in parte a lui i primi lineamenti della sua spiritualità e del suo impegno nel mondo.
    Dopo il primato dell’amore per la Verità, il Santo mette quello della Carità: il primato della perfezione. Nessuno è escluso dal doverla raggiungere secondo il proprio stato di vita: «La vera devozione… non solo non reca pregiudizio ad alcun tipo di vocazione o di occupazione, ma, al contrario, vi aggiunge bellezza e prestigio» (Introduzione alla vita devota, I, 3).  «Non sai che sei in cammino e che il cammino non è fatto per sedersi, ma per andare avanti?… La vera virtù non ha limiti, va sempre oltre, ma soprattutto la santa carità, che è  la virtù delle virtù e che, avendo un oggetto infinito, potrebbe diventare infinita se incontrasse un cuore capace di infinito» (Trattato dell’amor di Dio, III, 1). Di questa “santa carità”, ossia dell’amore di Dio per le proprie creature, il Santo era così impregnato che divenne proverbiale il detto «Come deve essere buono Dio, se Francesco è così buono».
    Terzo ed ultimo insegnamento che ci proviene dalla vita del Santo è l’ardore apostolico. Francesco conosceva bene il suo tempo. Conscio delle sue responsabilità, non soltanto istruisce i suoi preti perché fossero all’altezza del loro compito, ma spinge anche i “devoti” laici ad essere intraprendenti nel testimoniare la “dolcezza dell’amore di Dio” (v. Orazione), proponendo l’ideale di San Paolo del «farsi tutto a tutti» (1 Cor. 9, 19-22).
    Di questo dovere sappiamo quanto nel nostro tempo il Concilio abbia insistito, riconoscendo ai laici un compito attivo e originale nella Chiesa e nel mondo. Si riprendano, dunque, in mano tanto le opere di San Francesco, quanto i documenti conciliari come la Lumen gentium, l’Apostolicam auctuositatem, la Gaudium et spes, i vari Messaggi…È un dovere per tutti i credenti impegnarsi nelle varie strutture ecclesiali, sociali, politiche, economiche, culturali per renderle più umane e animarle di spirito cristiano, portando quell’Umanesimo cristiano di cui Francesco fu maestro.
    Ci guidi e  ci accompagni sempre la sua dolce figura. Formulo questo augurio con le stesse parole di Paolo VI. Il Papa concludeva così la sua Lettera Apostolica, scritta nel 1967 in occasione del quarto centenario della nascita del Santo: «Sapientissimus ductor animarum impetret vobis suavitatem mansuetudinis divini Redemptoris, qui nobis praecipit, ut simus mites et humilis corde, et quatenus tales possessori terras, La guida sapientissima di anime, ottenga a voi la soave dolcezza del divin Redentore che ci ha insegnato ad essere miti e umili di cuore e, in quanto tali, posseder la terra»: si tratta della diffusione del Regno di Cristo, regno di verità, di giustizia di amore e di pace.