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L’omelia del vescovo diocesano Mons. Careggio in occasione della Messa della notte di Natale

26 dicembre 2007 | 10:41
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L’omelia del vescovo diocesano Mons. Careggio in occasione della Messa della notte di Natale

La nascita di Gesù a Betlemme di Giudea è l’evento storico che sta alla base della “rinascita del credente”

Ci ha portati qui, questa notte, la stessa “grande luce” che rifulse su “coloro che abitavano in terra tenebrosa”, come ci ha ricordato il profeta Isaia. Si tratta di una luce particolare che ha il potere di moltiplicare la gioia e di aumentare la letizia. Se, nella notte pasquale, cantiamo l’alleluja perché “Cristo è veramente risorto”, in questa lo cantiamo perché il Risorto è veramente venuto nella carne umana per condividere il cammino di ogni uomo: “Dio si è fatto come noi, per farci come lui”.
Dio si è fatto carne con la nascita, è divenuto corpo , corpo fisico di Gesù e, ora, questo corpo crocifisso e risorto lo attendiamo come corpo glorioso universale e cosmico perché la sua salvezza raggiunga tutti gli uomini.
La nascita di Gesù a Betlemme di Giudea è l’evento storico che sta alla base della “rinascita del credente” il quale, in Cristo, rinnega l’empietà e vive con sobrietà e giustizia «nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e Salvatore Gesù Cristo». Così si esprime l’Apostolo Paolo nella seconda lettura.
Il Dio che si fa uomo è simile a quel re che voleva sposare una ragazza poverissima e di infime origini e, per non umiliarla in alcun modo, si fece povero come lei divenendo anch’egli un servo, coronando così il suo sogno d’amore. Questa è l’insondabilità dell’amore: il diventare seriamente e veramente uguale all’amato. Secondo il filosofo danese Kierkegaard, ogni altro tipo di rivelazione, per Dio, sarebbe un’impostura.
Un richiamo al racconto evangelico è oltremodo necessario e di particolare attualità.
Mentre l’imperatore Cesare Augusto, che godeva di titoli divini, dispiega il suo potere di controllo su tutti e su tutto, ordinando un censimento della terra abitata, Dio manifesta la sua signoria sulla storia attraverso l’evento “invisibile” della nascita di un bambino che è il Salvatore.
Enzo Bianchi, della Comunità di Bose, che molti conoscono, commenta così questa fatto: «Al censimento che si propone di contare i sudditi dell’impero (per motivi militari e fiscali), si oppone il popolo di Dio, il popolo dei santi che solo Dio conosce e di cui nessuna grandezza storica, religiosa o profana, può farsi spadrona» (Eucaristia e Parola, 2007).
    Di questa affermazione mi piace sottolineare il chiaro richiamo dell’inafferrabilità del mistero di Dio. Egli solo ha il potere di salvare l’uomo e lo esercita al di là delle effimere costruzioni umane.
    Dio, questa sera, attraverso l’espressione dell’umana fragilità, si abbandona a noi con la tenerezza di un bambino perché lo possiamo accogliere nella nostra vita. Ci chiede di aprirgli il nostro cuore, di metterlo al centro della nostra vita, di saperlo vedere nella povertà e nella debolezza: è Lui la vera luce  che illumina i nostri passi. Ci domanda se siamo disposti a seguirlo, sì, anche attraverso il suo mistero pasquale di sofferenza e di morte, per risorgere con lui ad una vita nuova. Ci chiede di dare al nostro vivere quotidiano, familiare e sociale, un comportamento etico, coerente cioè al suo insegnamento. Ci chiede, infine, di essere “Chiesa”, ossia quel “popolo nuovo”, il popolo dei credente e dei redenti, chiamati a diventare “Luce del mondo e sale della terra” (Mt 5, 13-14).
Non può che rivestirsi di questi sentimenti il nostro augurio di un Santo Natale. È un augurio sincero che deve raggiungere tutti, tanto questo evento è ancora profondamente presente nella coscienza della gente, anche la più comune e distratta. Lo si viva in famiglia, lo si porti alle persone malate, a quelle che soffrono nella solitudine, ai poveri e ai senza casa; lo si faccia sentire di più nella sua autenticità, ai bambini, sempre più vittime innocenti di una cultura dissacratoria che vorrebbe cancellare la vera storia del nostro Natale e porta a vituperare il piccolo scolaro che lo disegna secondo il racconto evangelico.
Non vorrei concludere queste brevi riflessioni con la sconcertante nota di cronaca ora richiamata. Vorrei pertanto dire che la gioia natalizia ha soltanto un’origine: scaturisce dalla certezza che Dio è vicino, è con noi, tanto nei momenti lieti quanto in quelli tristi, nella salute e nella malattia, rimane come amico e sposo fedele. E questa gioia, carissimi, non è in superficie, ma penetra nel profondo di ogni persona che a Dio si affida e in Lui confida. Buon Natale!