La ?nuova? evangelizzazione può configurarsi come tale in quanto si rivolge
ad un contesto “nuovo”: il mondo di oggi, così in rapida trasformazione, così profondamente diverso da quello anche solo di 50 anni fa, richiede, appunto, una nuova forma di evangelizzazione, un modo di annuncio del Vangelo attento ed adeguato al contesto sociale e culturale in cui gli uomini oggi si ritrovano a vivere, a credere, oppure a non credere. Ma può la Chiesa di oggi, dopo Auschwitz, dopo la “morte di Dio”, nel tempo del pieno fiorire del nichilismo, può la Chiesa di oggi annunciare ancora qualcosa di significativo ad un’umanità così lontana da Dio? Certamente la risposta positiva, sostenuta dalla fede e dalla speranza nella potenza del Signore, che supera i limiti delle culture, dello spazio e la superficialità degli uomini, non può prescindere da un’analisi seria ed approfondita della cultura dell’Occidente, così come essa si è andata configurando negli ultimi decenni. Non è questo il contesto appropriato per procedere ad analisi articolate, ma ritengo opportuno fornire alcuni spunti generali di riflessione, al fine di collocare in un contesto almeno in parte definito il mio discorso sulla nuova evangelizzazione.
E’ ormai un luogo comune dichiarare che il nostro tempo si configuri come il tempo del nichilismo. Eppure, questo è uno dei luoghi comuni meno ovvi, dal momento che, forse, non si sono ancora pienamente fatti i conti con questo fenomeno che, lungi dall’essere semplicemente una delle tante teorie filosofiche sviluppate nel corso dei secoli, si presenta come un vero e proprio modo di vivere, un atteggiamento di affronto della realtà che, più o meno inconsapevolmente, si è diffuso in tutti gli strati dell’opinione pubblica e costituisce un modello di vita e di pensiero tipico del nostro tempo; tale visione della vita parte dalla filosofia per allargarsi a tutti i campi dell’umana cultura e, viene assimilata da tutti come l’aria che si respira, orientando le scelte concrete e la mentalità di fondo più di quanto si sospetti. Ha colto bene, ancora un volta, questo concetto il pontefice Giovanni Paolo II nella sua importantissimo enciclica Fides et Ratio, là dove scrive: “Come conseguenza della crisi del razionalismo, ha preso corpo, infine, il nichilismo. Quale filosofia del nulla, esso riesce ad esercitare un suo fascino sui nostri contemporanei. I suoi seguaci teorizzano la ricerca come fine a se stessa, senza speranza né possibilità alcuna di raggiungere la meta della verità. Nell’interpretazione nichilista, l’esistenza è solo un’opportunità per sensazioni ed esperienze in cui l’effimero ha il primato. Il nichilismo è all’origine di quella diffusa mentalità secondo cui non si deve assumere più nessun impegno definitivo, perché tutto è fugace e provvisorio” ?.segue?