L’Air Gun mette in pericolo il Santuario dei Cetacei, allarme in Riviera

6 giugno 2015 | 13:50
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L’Air Gun mette in pericolo il Santuario dei Cetacei, allarme in Riviera
L’Air Gun mette in pericolo il Santuario dei Cetacei, allarme in Riviera
L’Air Gun mette in pericolo il Santuario dei Cetacei, allarme in Riviera
L’Air Gun mette in pericolo il Santuario dei Cetacei, allarme in Riviera
L’Air Gun mette in pericolo il Santuario dei Cetacei, allarme in Riviera

Franco Floris (Accademia Kronos): “Ricercare petrolio, peraltro in quantità insignificanti, dimostra ancora una volta che siamo rimasti legati ad un sistema economico superato”

Imperia. La minaccia del Santuario dei Cetacei tra Corsica, Liguria, Sardegna e Toscana si chiama “Air Gun”, un sistema utilizzato per trovare giacimenti petroliferi.

Un dispositivo che, secondo gli ambientalisti, rende sordi i cetacei che perdono il senso dell’orientamento e si mettono in fuga verso le coste della Liguria e della vicina Costa Azzurra.

La tecnica per la ricerca di idrocarburi in mare con esplosioni ad aria compressa ha messo in allarme il Wwf che esprime grande preoccupazione per l’inserimento di un emendamento nel Ddl sugli eco-reati che esclude appunto l’airgun: “Con questo emendamento votato al Senato si rischia di “gettare in alto mare” e far fallire una rivoluzione di legalità e giustizia, che in Italia si attende da oltre 20 e consentire ricerche petrolifere nei fondali marini con quantitativi insignificanti di petrolio. Se venisse approvato definitivamente dalla Camera dei Deputati avrebbe degli effetti nefasti per tutto il Mediterraneo e per la Sardegna” spiegano i responsabili dell’associazione ambientalista.

“Infatti – sostiene  Carmelo Spada delegato Wwf per la Sardegna – le ricerche di idrocarburi riguardano l’area marina in prossimità del confine occidentale di Pelagos: 90.000 Km2 di superficie marina meglio conosciuta come Santuario dei Cetacei del Mediterraneo, un’Area Specialmente Protetta di Interesse Mediterraneo, che ha valenza internazionale perché coinvolge ambiti territoriali di pertinenza francese, monegasco e italiano. In questa zona del Mediterraneo vi è una massiccia concentrazione di cetacei rappresentati da dodici specie tra i quali la Stenella, la Balenottera Comune, il Capodoglio, alcune delle quali in forte contrazione ed a rischio estinzione; inoltre lungo la costa della Sardegna e della Corsica interessata dalle prospezioni geognostiche marine, sono inoltre presenti il Parco internazionale delle Bocche di Bonifacio, il Parco Nazionale dell’Asinara, le Aree Marine Protette di Capo Caccia – isola Piana di Alghero e Penisola del Sinis – isola di Mal di Ventre di Cabras, il Parco Naturale Regionale di Porto Conte, nonché numerosi siti a tutela della biodiversità: aree comprese nella rete Natura 2000 (SIC e ZPS)”.

Un allarme che ora preoccupa anche la Liguria e in particolare Franco Floris, ex sindaco di Andora e ora responsabile ambiente di Accademia Kronos, che è stata delle prime associazioni a proporre l’istituzione del Santuario dei Cetacei: “Questo tipo di attività è tecnicamente superata e assurda anche se non vi sono studi sull’argomento in merito. E’ evidente che crea danni immediati e quindi andrebbero effettuate delle attente valutazioni in lunghi periodi di tempo”.

Ancora Floris: “Ricercare petrolio, peraltro in quantità insignificanti, dimostra ancora una volta che siamo rimasti legati ad un sistema economico superato. Mentre c’è un mondo che va avanti per la ricerca e trovare soluzioni alternative che dimostrano quanto possa rendere economicamente un ambiente sano e pulito, dall’altra c’è un mondo ormai estremamente minoritario che usa ancora sistemi obsoleti che passa dalla schiavitù degli uomini all’utilizzo in modo indiscriminato e inutile dell’ambiente”.

Opposizioni analoghe erano già state espresse in altre realtà internazionali che denunciavano come “tali attività di ricerca possano provocare effetti negativi sulla flora e fauna marina anche in conseguenza delle modalità delle ricerche nei mari della Sardegna che riguarderebbero migliaia di chilometri di tracciato e per un periodo di diverse settimane con spari di aria compressa nel fondale marino con intensità sonora che raggiungono i 260 decibel, un livello di emissione che in natura è generato da terremoti ed esplosioni di vulcani sottomarini che potrebbero essere un grave pericolo per i cetacei”.